Produrre un PIL pari a 100, assieme a una certa quantità di emissioni nocive per l’ambiente e per l’uomo, non è la stessa cosa che produrre lo stesso PIL senza alcuna emissione di CO2. Da semplici considerazioni è nato l‘ultimo studio di Confcommercio dedicato al cosiddetto PIL equilibrato (PIL-E). La principale conclusione cui si perviene – riporta lo studio – è che se invece del PIL si considerasse il PIL-E, la dinamica economica del nostro Paese risulterebbe, tra la fine del 2008 e la fine del 2017, migliore di 0,6 punti percentuali in termini reali.
Anche nella comparazione internazionale, con il PIL-E l’Italia ridurrebbe i gap di performance. Se per l’Italia il PIL-E si è mosso meglio del PIL, per Francia e Germania si è mosso molto peggio (-1,2% e -0,4% rispetto al PIL nel periodo). Questo – si legge nello studio – non implica alcuna modificazione sulla valutazione ampiamente insoddisfacente delle dinamiche economiche dell’Italia. Però smentisce l’idea che nulla si faccia e si stia facendo riguardo ai gas climalteranti e ad altri fattori che riducono la disponibilità di risorse collettive.
“Anche senza entrare nel ginepraio degli indici di benessere è sufficiente considerare alcune variabili facilmente quantificabili e valorizzate in modo omogeneo a livello internazionale per arrivare a una definizione migliore del Pil. Considerando l’incidenza negativa delle emissioni di CO2, degli incidenti sul lavoro e su strada, della povertà si arriva a un concetto più preciso e più ricco di Pil che noi chiamiamo il Pil Equilibrato“, ha dichiarato al Corriere della Sera Mariano Bella, alla guida dell’Ufficio Studi di Confcommercio.
In sintesi, per realizzare un PIL equilibrato si deve tenere conto di alcune esternalità legate alla produzione e al consumo. Le esternalità considerate sono: le emissioni di CO2, la mortalità per incidenti stradali e sui luoghi di lavoro, i feriti su strada e sui luoghi di lavoro, la copertura forestale e la variazione del numero di poveri assoluti.
«Elementi che incidono negativamente sulla ricchezza nazionale come le emissioni di CO2 (il cui costo marginale sociale, per esempio, e considerato equivalente a 57 euro per tonnellata per tutti i Paesi), gli infortuni e l’incidenza della povertà assoluta sono meno rilevanti in Italia che in altri Paesi europei», specifica Bella.