Le energie rinnovabili crescono ma non abbastanza. I governi potrebbero utilizzare i vari recovery funds per spezzare la dipendenza da combustibili fossili. Nell’ultimo report sugli investimenti in energie rinnovabili che la Frankfurt School of Finance and Management ha curato per conto di Bloomberg e di UNEP, ossia il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, sono stati registrati diversi “valori positivi”.
Tra i valori che hanno visto un aumento, il report riporta:
- la capacità di produrre energia elettrica attraverso il sole o il vento;
- gli investimenti per ampliare ulteriormente la produzione di energia partendo appunto da fonti rinnovabili;
- gli obiettivi che governi e grandi imprese si sono prefissi per i prossimi anni.
Tuttavia – specifica il report – gli aumenti registrati non sono sufficienti per chi lotta continuamente puntando a un totale abbandono dei combustibili fossili, per passare a un tipo di produzione dell’energia molto più sostenibile.
Il rapporto stilato si basa sui dati raccolti nel 2019 ed ora tocca ai governi decidere come utilizzare i soldi dei vari recovery funds. Le alternative infatti sono due. I governi possono decidere di utilizzare i fondi stanziati per la ripresa del Paese proprio per far ripartire il più in fretta possibile l’economia della nazione, anche se ciò significa continuare a utilizzare gas e petrolio, oppure possono scegliere di sfruttare l’occasione per tagliare l’utilizzo di queste fonti.
Godendo infatti di fondi e di una legittimazione politica senza precedenti, questa sembra essere l’occasione perfetta per spezzare la dipendenza dai combustibili fossili per passare finalmente a fonti rinnovabili. Qualunque sia la decisione, il 2020 e il 2021 saranno considerati nei prossimi anni, quelli decisivi per la transizione energetica.
Gli autori del report a riguardo scrivono: “La posta in gioco è alta. Se si perde questa occasione, potrebbe essere ancora più difficile decarbonizzare il sistema energetico in un’economia globale post-Covid-19, caratterizzata da alti debiti pubblici e meno risorse finanziarie nel settore privato“.