Secondo un recente articolo de La Provincia di Cremona, circa 5.500 fusti contenenti resine radioattive stanno per lasciare l’impianto atomico per dirigersi in Slovacchia, dove saranno trattate. Ma non si sa dove torneranno: l’Italia infatti non ha ancora scelto il suo deposito nazionale per le scorie e intanto i cittadini hanno già pagato dal 2001 ad oggi (attraverso una componente presente su ogni bolletta elettrica) 3,7 miliardi di euro per finanziare dismissione e gestione dei quattro ex impianti atomici. A Caorso oggi lavorano circa 90 persone che si occupano soprattutto di manutenzione ordinaria, smantellamento delle componenti metalliche, controlli di radioattività sui fusti, analisi ambientali, sicurezza. Nonostante siano spenti, gli impianti atomici rappresentano un costo di gestione di circa 80 milioni di euro l’anno, vale a dire una ventina di milioni l’uno. Il costo del personale Sogin, 1.210 dipendenti compresi quelli extra impianti, nel 2017 è stato pari a 86,2 milioni di euro (nel 2016 era stato 92,1 milioni). Tutte queste cifre sono finanziate appunto con i 285 milioni l’anno raccolti attraverso le bollette elettriche. E i cittadini dovranno pagare almeno fino al 2036: è la nuova data di ‘fine lavori’ indicata dalla società che gestisce gli impianti per conto del governo. Non solo: per arrivare allo smantellamento totale delle centrali la spesa complessiva prevista ora (e triplicata rispetto alle stime iniziali) è di 7,25 miliardi. Per Caorso fino a qualche anno fa si parlava di un impegno pari ad almeno 400 milioni di euro, dato quasi sicuramente da rivedere.