In Italia il sistema industriale del riciclo organico, con la produzione congiunta di compost e biometano, si conferma quale settore chiave per l’economia circolare. La filiera, tuttavia, si trova ora ad affrontare alcune criticità che devono essere urgentemente affrontate: a destare preoccupazione è in particolare il rapporto dei cittadini con la raccolta differenziata, in termini sia di qualità che di quantità.
A fare il punto su questi temi è il CIC – Consorzio Italiano Compostatori che ha promosso l’evento “Il Biowaste in Italia: il contributo delle aziende CIC alla produzione di energia e materia”, svoltosi a Roma con il patrocinio dello European Compost Network e alla presenza di politici, istituzioni e rappresentanti del comparto proprio con l’intento di individuare correttivi e soluzioni per sostenere il settore.
“In Italia, nel 2022, sono state raccolte 7,25 milioni di tonnellate di rifiuti organici, ovvero più del 40% di tutta raccolta differenziata gestita nel nostro Paese – dichiara Lella Miccolis, presidente del CIC – tuttavia non bisogna abbassare la soglia di attenzione, ma continuare a lavorare a tutti i livelli per poter implementare la raccolta differenziata laddove manchevole, ottimizzarla dove non sufficiente, uniformare il livello di prestazione delle raccolte, la qualità dei rifiuti in entrata e migliorare così le performance degli impianti”.
Crescita zero della quantità di umido raccolto
Il Centro Studi del CIC sottolinea come primo punto critico quello relativo alla quantità della raccolta differenziata della frazione umida, che negli ultimi anni ha rallentato fortemente la crescita.
La raccolta differenziata della frazione umida coinvolge complessivamente più del 90% della popolazione nazionale: un dato che pone l’Italia come leader anche rispetto agli altri paesi UE per efficacia ed efficienza. Tuttavia, nonostante l’Italia abbia introdotto già dal 1 gennaio 2022 l’obbligo di raccolta della frazione umida (anticipando di due anni il resto dell’Unione Europea che l’ha fissato dal 1 gennaio 2024), si rilevano ancora 675 comuni in cui non risulta attivata la raccolta differenziata della frazione umida, per un totale di quasi un milione di abitanti (il 49% dei quali al Sud, il 38% al Nord e il 12% nel Centro).
Inoltre, considerando che una Rd presso le utenze domestiche bene organizzata dovrebbe portare a intercettazioni di rifiuto pari ad almeno 50 kg/ab/anno, bisogna considerare ulteriori 853 comuni, in cui risiedono circa 4,7 milioni di abitanti, che non raggiungono tale soglia e che sono pertanto suscettibili di miglioramenti significativi.
Il CIC ribadisce dunque l’urgenza di puntare alla copertura delle raccolte su tutto il territorio nazionale, come previsto dalla Direttiva quadro rifiuti (2018/851), e ottimizzare le stesse laddove le intercettazioni risultino più basse ponendosi come obiettivo una raccolta che arrivi ad almeno 150 kg/ab/anno (come già accade in alcuni comuni italiani se sommiamo la raccolta di umido e frazione verde). Con una raccolta differenziata a regime in tutta Italia e considerando l’andamento complessivo della popolazione residente, secondo le stime del Centro Studi CIC, in uno scenario verosimile la potenzialità massima di raccolta di rifiuto organico (umido e verde) raggiungibile dall’Italia nel medio periodo è di 9 milioni di tonnellate l’anno, con una crescita di 800mila tonnellate, di cui circa 6,5 milioni di tonnellate/anno solo di frazione umida rispetto alle attuali 5,7 milioni di tonnellate/anno.
Sempre in merito alla quantità della raccolta, altra criticità è quella degli sfalci e potature del verde urbano, che soffre della scarsa applicazione della normativa di riferimento. Sia il Ministero che di recente anche la Commissione Europea hanno confermato che quando si parla di sfalci e potature urbane, ci si riferisce inequivocabilmente a rifiuti non, al contrario, a sottoprodotti.
Calo della qualità della frazione umida
Alla quantità della raccolta deve affiancarsi anche la qualità. Nonostante i Criteri Ambientali Minimi del MASE prevedano di contenere i livelli massimi delle impurità fisiche entro il 5%, il Centro Studi CIC ha rilevato che la purezza merceologica media della frazione umida raccolta è scesa, passando dal 93,8% del 2022 all’attuale 92,9%. Significa che la frazione umida raccolta e avviata agli impianti di trattamento presenta una percentuale di materiali impropri (materiale non compatibile – MNC) pari al 7,1% del materiale conferito, il che colloca il rifiuto “nazionale” nella classe di qualità B rispetto al sistema di valutazione elaborato dal CIC.
Tra le cause identificate per il calo della qualità, vi è ancora l’utilizzo elevato di sacchetti non compostabili nonostante il divieto. Un problema – spiega il CIC – molto grave sia dal punto di vista ambientale che per la gestione del rifiuto a matrice organica: solo un ingrediente di elevata qualità (come un umido con poche impurità fisiche) può garantire un sistema efficiente, sostenibile e in grado di generare prodotti di qualità senza il rischio che aumentino i costi per i cittadini.
“Migliorare la qualità della raccolta dovrebbe diventare un obiettivo prioritario di tutte le amministrazioni per evitare che ci sia un ritorno negativo sui cittadini attraverso la TARI oltre che sull’ambiente – conclude la presidente del CIC, Lella Miccolis – ciò è possibile con campagne di comunicazione mirata che devono puntare a sensibilizzare tutti i cittadini, sottolineando come il loro contributo sia decisivo per contenere i costi, sostenere la green economy e combattere la crisi climatica”.