Nel 2018, in Italia, il volume d’affari associato a investimenti in smart building è stato di circa 3,6 miliardi di euro, distribuiti in maniera quasi omogenea tra building devices & solutions (41%, pari a 1,47 miliardi di euro), automation technologies (31%, 1,1 miliardi) e piattaforme di gestione e controllo (28%, 1,02 miliardi). Ambiti dove gli investimenti in hardware e software l’hanno fatta da padrone, a riprova della sempre maggior importanza della componente digital. Sono alcuni dei dati contenuti nello Smart Building Report 2019, il primo dei rapporti redatti dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ad affrontare in maniera organica il tema degli smart building, con l’obiettivo di fotografare la situazione in Italia, analizzando in particolare i modelli di business degli operatori.
Obiettivo del report è anche quello di fornire una chiave di lettura corretta per un settore in cui differenti tematiche, dalla generazione di energia all’efficienza energetica fino alla sicurezza delle persone e degli asset, interagiscono in modo articolato. A tal proposito sono stati intervistati numerosi operatori e analizzate le tipologie di collaborazioni che si instaurano tra loro e tra i loro modelli di business, nonché le dinamiche con cui gli edifici vengono ideati, realizzati e gestiti.
La tendenza emersa dai dati diffusi dalla divisione della School of Management del Politecnico è destinata a crescere significativamente nel prossimo quinquennio: si stima che in Europa gli investimenti in efficienza energetica e digitalizzazione nel comparto daranno grande spinta all’economia, in particolare nell’edilizia, che contribuisce per il 9% al PIL europeo e garantisce oltre 18 milioni di posti di lavoro, grazie soprattutto alle PMI, responsabili di circa il 70% del volume d’affari.
“A tutt’oggi, nell’Unione Europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40% dell’energia consumata (la fetta più grande per un singolo comparto) e del 36% delle emissioni di CO2, perché circa il 35% di essi ha più di 50 anni e quasi il 75% è considerato inefficiente dal punto di vista energetico – spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group -. “Se si pensa che solo una quota compresa tra lo 0,4 e l’1,2% (a seconda del Paese) del parco edilizio viene rinnovato con nuove costruzioni ogni anno, la riqualificazione edilizia ricopre un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi energetici prefissati dall’Unione Europea, perché si stima che possa ridurre del 5-6% i consumi primari di energia in Europa, con una conseguente diminuzione del 5% delle emissioni di anidride carbonica”.
Sono quattro gli elementi chiave di uno smart building individuati dal report: building devices and solutions (gli impianti e le tecnologie che provvedono alla sicurezza degli occupanti, come quelli di generazione di energia e di efficienza energetica e quelli relativi al tema safety&security), automation technologies (la sensoristica connessa agli impianti, finalizzata alla raccolta dati, e gli attuatori che impartiscono agli impianti i comandi elaborati dalle piattaforme di controllo e gestione), piattaforme di controllo e gestione (l’insieme dei sistemi software volti alla raccolta, elaborazione e analisi dei dati acquisiti dalla sensoristica installata sugli impianti), connectivity (l’insieme dei protocolli di comunicazione, wireless o cablati, che permettono la comunicazione tra sensori, attuatori e la piattaforma di controllo e gestione).
C’è poi l’elemento umano, costituito da coloro che investono, gestiscono e usufruiscono dei benefici e dei servizi, classificati in due categorie: gli hard benefit, quantificabili in termini monetari (risparmio energetico, ottimizzazione della produttività, manutenzione predittiva, aumento del valore dell’immobile) e i soft benefit, tesi al miglioramento delle condizioni socio-ambientali degli occupanti (sostenibilità ambientale, sicurezza, comfort, telegestione, telecontrollo, interoperabilità).