L’impatto economico complessivo del Superbonus 110% sull’economia nazionale è stato pari a 195,2 miliardi di euro, con un effetto diretto di 87,7 miliardi, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto. Il dato emerge da uno studio di Nomisma, secondo cui l’incremento del valore degli immobili oggetto di riqualificazione, nell’ipotesi che tutte le unità immobiliari riqualificate rientrino nelle classi energetiche inferiori, supererebbe i 7 miliardi di euro.
Questo peraltro si riflette anche sul bilancio delle famiglie, con risparmi pari a circa 29 miliardi di euro (dati stimati da Nomisma sui cantieri già conclusi). Nello specifico, per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, considerando anche il periodo straordinario di aumento dei costi dell’energia, è infatti risultato pari a 964 euro all’anno.
Lo studio evidenzia anche una riduzione del 15,5% per un solo salto di classe energetica, 30,9% per un salto di 2 classi energetiche e del 46,4% per un salto di 3 classi. Da non trascurare, infine, l’impatto sociale che, sempre secondo lo studio di Nomisma, ha visto un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati.
Secondo Nomisma, in caso di conferma del provvedimento anche per l’anno in corso sarebbero 10,3 milioni le famiglie ancora interessate a un intervento finalizzato all’efficientamento energetico di un immobile di proprietà. Di queste, 4,6 milioni di famiglie dichiaravano di aver già deciso o di avere intenzione di usufruire del Superbonus. Inoltre, a fronte di 3,5 milioni di famiglie che hanno già iniziato una fase esplorativa (fase di delibera + fase di verifica dei requisiti sugli interventi deliberati + completamento degli accertamenti ma lavori non ancora avviati), 1,5 milioni di famiglie dichiarava di aver già avviato i lavori o, addirittura, di aver già completato gli interventi.
Il 25% di coloro che hanno già usufruito della misura presenta un reddito familiare più elevato della media (oltre i 3.000 euro al mese) e nel 23% dei casi è proprietario di una seconda casa. Sono però stati 1,7 milioni gli italiani con reddito medio-basso ad aver beneficiato del provvedimento da quando è stato varato a conferma del fatto che la misura ha reso possibile l’accesso alla riqualificazione profonda delle proprie unità abitative a una porzione di popolazione meno abbiente che, altrimenti, non ne avrebbe usufruito.
Il profilo dei beneficiari è prevalentemente rappresentato da impiegati (nel 28% dei casi), residenti in comuni con un numero di abitanti compreso tra 40.000 e 100.000 abitanti (15%) e proprietario di un appartamento in condominio composto al massimo da 8 unita’ abitative (25% del totale). Nel 64% dei casi le famiglie hanno preferito rivolgersi direttamente a una impresa di costruzioni, contro il 9% di grandi player e l’8% di Utilities, portando un beneficio prevalentemente a operatori di dimensione medio-piccola.
“Il superbonus ha avuto l’indubbio merito di contribuire al rilancio della nostra economia in una situazione drammatica come quella pandemica”, commenta Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma. “La misura emergenziale andava, tuttavia, corretta per attenuarne l’eccessiva onerosità, oltre agli evidenti tratti d’iniquità e alle conseguenze distorsive che ha generato sul costo dei fattori di produzione. La mancata adozione di modifiche sostanziali ha portato alle drastiche conseguenze degli ultimi giorni, con l’adozione di misure di salvaguardia che, se non emendate, rischiano di decretare l’epilogo di iniziative imprescindibili per il rinnovamento del patrimonio immobiliare italiano. La strategia dei bonus, e con essa la possibilità di cessione dei crediti, non va archiviata ma solo ripensata e per farlo occorrono competenze ed equilibrio. Occorre fare tesoro di un’esperienza straordinaria per definire una politica di rinnovamento che non abbia il fiato corto dell’emergenza“, conclude.