Il fondo sovrano da 1.000 miliardi di dollari della Norvegia ha comunicato di aver messo sotto osservazione alcune società in vista di una esclusione dal proprio portafoglio in futuro, se non affronteranno il tema dell’utilizzo o della produzione di carbone. Tra queste anche Enel.
Il parlamento norvegese ha concordato nel giugno 2019 che il fondo sovrano non avrebbe più investito in società che estraggono più di 20 milioni di tonnellate di carbone all’anno o generano più di 10 gigawatts (GW) di elettricità dal carbone.
“È la prima volta che queste soglie sul carbone vengono applicate”, ha detto il fondo in un comunicato. In tutto, le dismissioni annunciate ammontano a 3,3 miliardi di dollari e riguardano anche quattro compagnie petrolifere canadesi attive nelle oil sands, bandite da Oslo per il livello «inaccettabile» di emissioni di CO2: un motivo di ostracismo che era stato incluso quattro anni fa nel regolamento del fondo ma che finora non aveva mai colpito nessuno.
Il giro di vite più severo ha comunque riguardato il carbone. I norvegesi hanno ceduto quote di cinque società: oltre a Glencore e ad AngloAmerican (che sta cercando di uscire dal settore), anche l’utility tedesca RWE, la danese AGL Energy e il gruppo sudafricano Sasol.
Tra i sorvegliati speciali c’è un’altra società tedesca, Uniper. Ma anche il gigante minerario Bhp, la statunitense Vistra Energy e, per l’appunto Enel, campione delle energie pulite, che però possiede tuttora molte centrali a carbone, in gran parte in Italia.