Per guidare la transizione energetica, un’elevata preparazione tecnologica non è sufficiente. Serve allenare nuove competenze che coniughino creatività e problem solving, pensiero critico e approccio multidisciplinare con elementi come la conoscenza dei temi legati alla sostenibilità, l’analisi dell’impatto ambientale e la conoscenza di materie prime alternative, dell’economia circolare e delle fonti di energia rinnovabili. Saranno, quindi, più umanisti gli ingegneri che prenderanno le redini di questa nuova trasformazione.
Le conclusioni sono contenute nello studio di Fondazione MAIRE, la fondazione del gruppo MAIRE, presentato durante i lavori della COP 28 all’interno di una tavola rotonda condotta da Ilaria Catastini, Direttrice generale, Fondazione MAIRE e Nando Pagnoncelli, Presidente, Ipsos Italia. Hanno partecipato ai lavori Francesco La Camera, Direttore generale, Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili; Daniela Bernacchi, Executive Director, Global Compact Network Italia; Lorenzo Fanara, Ambasciatore italiano negli Emirati Arabi Uniti; Divya Reddy, Agenzia Internazionale dell’Energia (nella foto).
I contenuti, realizzati con il contributo di IPSOS, si basano su 1.700 interviste condotte in 10 Paesi (Italia, UK, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Cina, India, Algeria, Stati Uniti, Cile) con figure a elevato livello di istruzione e sul contributo di 15 esperti a livello internazionale.
Perché questo avvenga, è necessario uno sforzo congiunto di tutti gli attori in campo. L’obiettivo deve essere non solo quello di dare una sterzata al processo di transizione energetica, ma anche di intercettare il bacino di opportunità che si verrebbero a creare in tema di occupazione.