Tra le varie istanze portate avanti dalla cosiddetta “Gen Greta” (la generazione più sensibile agli appelli di Greta Thunberg e delle varie associazioni che nel mondo la supportano) c’è anche la richiesta di una maggiore consapevolezza nei consumi. Soprattutto per limitare i danni ed evitare che un terzo del cibo prodotto finisca nella spazzatura mentre milioni di persone soffrono ancora la fame.
Del tema si è occupata di recente anche FutureBrand (Network globale di consulenza di branding e innovazione, parte di Interpublic Group). Dal suo osservatorio dei trend che influenzano e modificano i consumi a livello mondiale, la sede italiana del network ha trattato il tema, partendo dall’analisi del mercato “ecologico”, che rappresenta un business in forte espansione.
Negli ultimi tre anni – evidenzia il focus di Riccardo Trevisani, Strategist – FutureBrand – lo specifico mercato è aumentato del 6% ogni dodici mesi, superando i 100 miliardi di dollari. Secondo l’ultimo GlobalWebIndex, il 62% dei consumatori “eco-conscious” nel Regno Unito e negli USA ritengono che i prodotti “eco-friendly” siano migliori anche per la propria salute. Per questo si informano sulla provenienza, sul modo in cui vengono lavorati e sulla sostenibilità dell’imballo che li contiene.
Per il consumatore “più ecologico” significa “più sano”, come sostiene il 60% degli italiani (Rapporto Coop 2019). I brand del food che hanno compreso e intercettato le nuove priorità, sono ripagati dei propri sforzi con un rafforzamento del legame e della fiducia nei consumatori, oltre che da un aumento del proprio valore percepito. Secondo il Rapporto Coop, l’82% dei giovani italiani è pronto a modificare il proprio stile di vita per ridurre il proprio impatto sul pianeta.
Il 2020 – secondo l’analisi di FutureBrand – sarà l’anno in cui la richiesta verso uno stile di vita e consumi più sostenibili e sani non potrà restare inascoltata. Ci sono importanti brand che stanno investendo sulla sostenibilità, consapevoli che non si tratta più di una nicchia di mercato ma di una questione di DNA della marca. Alcuni esempi: Carlsberg ha da poco lanciato la prima lattina di birra realizzata in carta, tallonata da Heinz e CocaCola che hanno prodotto bottiglie realizzate con materiale vegetale. La catena olandese di supermercati biologici Ekoplaza ha presentato il primo supermercato “plastic-free”, realizzato selezionando oltre 700 prodotti che non fanno ricorso alla plastica per le loro confezioni, compresa carne, formaggi, frutta e verdura. Si tratta per ora di un esperimento che ha però ottenuto molta visibilità a livello mondiale e che si spera possa servire da esempio per altri player.
L’analisi si chiude con una panoramica sulle startup più virtuose. Grazie al progetto del brand italiano Wami (Water with a Mission), per esempio, acquistando una bottiglia della loro acqua, si possono donare 100 litri di acqua potabile ad alcuni villaggi africani.
Più a Nord, invece, troviamo Too Good To Go, una app danese che si sta facendo strada anche in Italia. L’applicazione consente di acquistare a un prezzo molto conveniente il cibo invenduto dei supermercati e dei ristoranti della propria città, anche quelli stellati. Testimonianza pratica dell’attenzione al Km 0, che unisce qualità ed eco compatibilità.