“L’eolico offshore ha un buon potenziale nel Mediterraneo e in Italia, anche grazie alle nuove tecnologie flottanti. Ma per far sì che il settore possa portare tutti i suoi benefici, è necessario attuare una transizione burocratica, consentendo agli operatori di fare il proprio lavoro e intervenendo con opere di velocizzazione e semplificazione sia rispetto all’iter autorizzativo, sia riguardo alla connessione alla rete“. Lo ha detto Simone Togni, presidente dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV), intervenendo, lo scorso 14 aprile, a un convegno sulle prospettive dell’eolico offshore in Italia.
“Il Pniec indica come obiettivo al 2030 la realizzazione di 900 MW di eolico offshore.” – ha dichiarato nel corso del convegno organizzato da ANEV Carlo Di Primio, Presidente dell’Associazione italiana economisti dell’energia (Aiee) – “Per un Paese con alcune migliaia di km di costa, non sono certamente numeri importanti. Per raggiungere i suoi obiettivi di decarbonizzazione, è importante che l’Italia si doti di eolico offshsore. Ma è importante anche che questa tecnbologia non sia ostacolata da processi autorizzativi che sembrano disegnati sulla volontà di non fare. Il governo sembra voler seguire questa strada. Lo vedremo”.
“Il tema dell’eolico offshore è importante sia per il percorso di decarbonizzazone dell’Italia, che è in netto ritardo sugli obiettivi Ue, sia per creare lavoro e ricchezza con nuove filiere industriali.” – ha affermato nell’occasione Livio de Santoli, Presidente del Coordinamento FREE, che raccoglie le associazioni di categoria delle rinnovabili – “Ma è necessaria una revisione urgente del Pniec, che deve essere coordinato con il Pnrr. Il nuovo Pniec dovrebbe moltiplicare di 2 volte e mezza i 10 GW installati ora: di questi, 6 GW dovrebbero essere offshore“.
“Tuttavia – ha aggiunto de Santoli -, senza un appropriato sistema autorizzativo, tutti questi numeri sono inutili. Occorre mettere mano pesantemente al sistema del permitting. Con due o tre anni di attesa per i permessi, le tecnologie rischiano di diventare obsolete. Soprattutto le Soprintendenze sono inspiegabilmente troppo attente a negare le autorizzazioni“.
In generale, dal convegno di ANEV è emerso che l’eolico offshore ha grandi possibilità in Italia, paese con migliaia di chilometri di coste. Ma occorrono autorizzazioni più rapide, un aggiornamento del Piano energetico nazionale (che ora dà poco spazio a questa fonte) e un lavoro di comunicazione con le realtà locali, spesso contrarie alle centrali eoliche in mare.
Non è mancata la voce dell associazioni ambientaliste. “L’eolico è fra le poche tecnologie che possono cambiare il quadro delle rinnovabili.” – ha dichiarato Giuseppe Onufrio di Greenpeace – “In mare sono possibili pale molto grandi, impossibili a terra. E’ una grande opportunità anche per la cantieristica. Il disturbo all’ecosistema è minimo: anzi, dove ci sono le pale è vietata la pesca, e questo crea zone di tranquillità per la fauna e per i fondali“.
Per Stefano Ciafani di Legambiente “sull’eolico offshore noi ci siamo messi in gioco: abbiamo firmato un manifesto di sostegno e accompagnamo i progetti sul territorio. Siamo usciti pubblicamente a favore degli impianti eolici insieme a Greenpeace. Ma è fondamentale anche risolvere i probemi delle autorizzazioni lente e dei dinieghi delle Sovrintendenze“.
“Siamo d’accordo sull’eolico offshore – ha spiegato Rosalba Giugni di Marevivo -, ma vogliamo essere sicuri che non vada a impattare sull’ecosistema. Il problema è soprattutto il rumore delle pale. Per questo abbiamo commissionato una ricerca alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, e aspettiamo i risultati“.