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Politecnico di Milano: “2023 record per le rinnovabili ma ancora non basta”

Il 2023 è stato un anno record per l’Italia nell’installazione di capacità di energia rinnovabile: ben 5,7 gigawatt, di cui 5,2 riconducibili al fotovoltaico, che fanno salire l’installato complessivo a 69 gigawatt. Si tratta, evidenzia il Renewable Energy Report 2024 del Politecnico di Milano, di un notevole salto in avanti rispetto agli 1,3 gigawatt del 2021 e ai 3 del 2022 ma ancora non sufficiente per allinearsi agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, per raggiungere i quali servirebbero, secondo il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, 9 gigawatt all’anno.

La ragione di questo ritardo, spiega lo studio, redatto da Energy&Strategy della School of Management, sta soprattutto nella difficoltà di sviluppare impianti di grande dimensione, stretti tra le polemiche legate al consumo di suolo (“peraltro quasi trascurabile”) e su un sistema di aste per le tariffe di remunerazione dell’energia prodotta che non è più in linea con il costo degli impianti e con l’andamento di mercato energetico.
Il rischio è che la ‘vampata’ di crescita del triennio 2021-2023 svanisca e con essa molto dell’indotto.

“È un rischio che non possiamo correre: solo lo scorso anno le rinnovabili hanno contribuito a generare un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro, il 60% dei quali rimasto in Italia e un altro 20% comunque in Europa. Parliamo di 25.000 imprese. Dobbiamo colmare i ritardi normativi”, ha dichiarato Davide Chiaroni, responsabile dello studio.

“Gli impianti di grande taglia non crescono” sia per quanto riguarda il fotovoltaico, dove più del 95% delle nuove installazioni sono di piccole dimensioni, che l’eolico, “che infatti ha contribuito con soli 500 MW al record del 2023”.

“Ciò accade – conclude Chiaroni – anche perché le aste fissate dal Decreto ministeriale FER 1 del 2019 non hanno mai rappresentato un vero acceleratore del mercato, nonostante ben 13 bandi aperti da allora: la maggior parte di essi, per una combinazione di fattori quali la complessità e la lungaggine dei sistemi autorizzativi e l’inadeguatezza della base d’asta per le tariffe, sono andati deserti o quasi”.

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