«Se la comunità internazionale dovesse sfruttare appieno il suo potenziale di energia rinnovabile, l’occupazione totale nel settore energetico potrebbe raggiungere i 100 milioni entro il 2050, rispetto a circa 58 milioni oggi».
Questo, in sintesi, il messaggio lanciato da IRENA (Agenzia internazionale delle energie rinnovabili) durante la sua decima assemblea annuale di Abu Dhabi svoltasi lo scorso 11 gennaio (nella foto). L’agenzia ha presentato un documento che riassume i progressi compiuti dal 2010 a oggi e le prospettive che attendono il mercato mondiale delle fonti “verdi” come l’eolico e il fotovoltaico.
Si parla, infatti, di più che raddoppiare la quota delle rinnovabili nel mix elettrico al 2030, dal 26% attuale al 57% tra dieci anni; ciò richiederebbe investimenti annuali per circa 750 miliardi di dollari su scala globale (oggi: circa 330 miliardi di dollari). Una buona fetta di un simile sforzo economico potrebbe essere ottenuta dirottando sulle rinnovabili gli investimenti già pianificati nelle fonti tradizionali: l’industria fossile, scrive l’agenzia in una nota, potrebbe spendere quasi 10.000 miliardi di dollari da qui al 2030 per progetti nel gas, carbone e petrolio, aumentando così il rischio di stranded asset (impianti e infrastrutture non più remunerative perché sopravanzate dalla concorrenza delle rinnovabili e dalle leggi per diminuire le emissioni inquinanti).
“Il superamento dei bisogni di investimenti in infrastrutture di trasformazione dell’energia è uno degli ostacoli più grandi al raggiungimento degli obiettivi nazionali”, ha dichiarato Francesco La Camera, direttore generale dell’Irena, convinto che la fornitura di capitale per supportare l’adozione di energie rinnovabili sia “la chiave” per uno sviluppo economico sostenibile a basse emissioni di carbonio, con un ruolo “centrale” nel raggiungimento di risultati sociali positivi.