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Circularity Gap Report 2024, la circolarità a livello globale è ancora in calo

Nel corso degli ultimi cinque anni, il volume dei dibattiti e degli articoli incentrati sull’economia circolare è triplicato. Ciononostante, l’impiego di materie prime seconde da parte dei sistemi produttivi, uno dei criteri fondamentali per definire la circolarità, è costantemente calato, passando dal 9,1% nel 2018 al 7,2% nel 2023, registrando una contrazione del 21%. Nello stesso arco di tempo, abbiamo consumato 500 miliardi di tonnellate di materiali, che equivale al 28% di tutte le risorse consumate dall’inizio del XX secolo. Questi – riporta il sito specializzato circulareconomynetwork.it – sono i dati salienti del Circularity Gap Report 2024, il dossier realizzato dalla fondazione olandese che ogni anno monitora gli sviluppi, in questo caso la “recessione”, dell’economia circolare su scala planetaria. Il report è realizzato in collaborazione con Deloitte.

“Ci sono  due ‘gap di circolarità’. In primo luogo, c’è un divario tra l’attuale livello di circolarità della nostra economia e il livello di circolarità desiderato. In secondo luogo, c’è un divario tra quanto è diffuso il concetto di economia circolare e quanto viene applicato”, afferma Ivonne Bojoh, CEO della Circle Economy Foundation. “Ecco perché il nostro rapporto è un invito all’azione, una guida. È progettato per invertire la tendenza al declino della circolarità globale”.

Come invertire la tendenza? Il Circularity Gap Report 2024 propone innanzitutto una suddivisione delle economie nazionali in tre gruppi, in base ai livelli di consumo delle risorse e di benessere dei cittadini. Le economie cosiddette avanzate rientrano nel gruppo Shift. Sono gli Stati con la più pesante material footprint che devono ridefinire il modo in cui producono beni e servizi per ridurre il prelievo di risorse. Abbiamo poi le economie del gruppo Grow. Paesi come Cina, Indonesia, Brasile, Messico, Vietnam, Myanmar e Egitto. Nel terzo gruppo rientrano invece le Build economies. I Paesi più poveri come Bangladesh, Etiopia, Nigeria, Pakistan, Filippine. Benché ospitino la maggioranza della popolazione mondiale (il 46%), hanno il minor impatto in termini di consumo di risorse.

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