Si chiamano batterie al litio-zolfo, Li-S o LSB. Possono raggiungere una densità di 2.600 Wh/kg e percorrere a spanne 2.000 km con una ricarica andando a pareggiare – se non superare – le prestazioni delle batterie allo stato solido (su cui sta di recente sta puntando parecchio Volkswagen): dieci volte di più di quanto faccia una normale cella agli ioni di litio.
Fino ad oggi, però, non si sono diffuse perché avevano prestazioni accettabili solo per pochi cicli di carica-scarica. Il decadimento velocissimo delle prestazioni le ha sempre relegate ad un ruolo più che marginale. Oggi, però, i ricercatori dell‘Istituto di Scienza e Tecnologia Daegu Gyeongbuk, con sede in Corea del Sud, sono riusciti a creare una batteria al litio-solfuro che ha resistito ad uno stress test di 2.000 cicli.
Ci sono riusciti grazie all’uso della silice, un materiale economico e non conduttore ricavato dal silicio. La silice ha una elevata polarità, il che significa che è in grado di attrarre altre molecole polarizzate, inclusi i polisolfuri di litio (LiPS), che sono i tra i più dannosi all’interno della batteria perché quando si dissolvono portano una perdita di solfuro e, se raggiungono l’anodo, possono danneggiare l’intera cella.
La silice è usata in piastrine ordinate a formare una struttura porosa chiamata pOMS che lavora come un catodo dopo che questo è entrato in contatto con un agente conduttivo a base di carbonio. Grazie all’elevata polarità, la silice permette la formazioni di polisolfuri di litio, ma ne impedisce la dissoluzione ed evita che vadano a danneggiare l’anodo. Da qui la capacità di questo tipo di batterie di resistere a 2.000 cicli.
I progressi sulla durata di questo tipo di batterie sono stati riportati sulla rivista scientifica Advanced Energy Materials. Resta un mistero, però, che densità siano riusciti a raggiungere con queste batterie Li-S.