L’eolico offshore galleggiante è al centro di grandi investimenti, ma lo sviluppo della nascente industria, pronta per una crescita esplosiva nel prossimo decennio, è rallentata da colli di bottiglia nelle forniture che potrebbero deludere le attese di sfruttare la potenza dei venti per raggiungere gli obiettivi climatici. Lo svelano i risultati di un’inchiesta dell’Agenzia Reuters.
Circa l’80% del potenziale eolico offshore mondiale si trova in acque più profonde di 60 metri, secondo il Global Wind Energy Council (Gwec). In Italia sono in progetto un parco eolico fisso al largo tra Rimini e Cattolica (330 Mw), e in Puglia, un impianto galleggiante a 40 km dalla costa tra Bari e Barletta. Alla fine del 2022, secondo Fitch Solutions, erano in atto piani per circa 48 Gw di capacità eolica galleggiante in tutto il mondo, quasi il doppio rispetto al 1° trimestre 2022, con le aziende europee a guidare l’espansione.
La società di consulenza Dnv, secondo Reuters, ha stimato che da qui al 2050 saranno installati circa 300 Gw, pari al 15% di tutta la capacità eolica offshore, ma i produttori di turbine eoliche devono affrontare diverse difficoltà per soddisfare la crescente domanda: in primis l’effetto inflattivo dettato dall’aumento dei costi delle materie prime. I costi tecnologici per l’eolico galleggiante sono superiori rispetto alle turbine fisse, per Dnv (250 euro a Mwh rispetto a 50), ma potrebbe scendere a 60 euro a Mwh nel 2035 in conseguenza di massicci investimenti a supporto dell’eolico galleggiante.