Un gruppo di ricercatori dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), del CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), dell’Università della Basilicata e della Regione Puglia ha dimostrato, per la prima volta e in maniera significativa in senso statistico, che l’attività solare influenza la sismicità sulla Terra. Il lavoro è stato pubblicato, sulla rivista scientifica Nature (clicca qui) e sarà illustrato nei prossimi giorni dal ricercatore dell’INGV, Giuseppe De Natale (nella foto) durante il Festival Ecofuturo che si svolgerà dal 14 al 18 luglio a Padova presso il Fenice Green Energy Park.
Da oltre mezzo secolo – riporta un comunicato di INGV – è noto che i forti terremoti nel mondo non sono completamente indipendenti tra loro, ma sono – seppur debolmente – correlati, anche a distanze enormi. Per decenni i sismologi si sono interrogati su cosa potesse produrre tale correlazione: una forza interna a scala planetaria, come ad esempio una fluttuazione della velocità di rotazione, oppure una forza esterna, legata in qualche modo ai corpi celesti del sistema solare?
“Abbiamo studiato i dati del satellite SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), localizzato in una posizione stazionaria rispetto al Sole e alla Terra (punto di Lagrange L1), a circa 1.5 milioni di km dalla Terra che registra la densità di protoni (particelle di carica positiva localizzate nei nuclei atomici) prodotti dall’attività solare e la loro velocità.” spiega Vito Marchitelli, ricercatore affiliato alla Regione Puglia e primo autore “Studiando comparativamente la variazione nel tempo della densità di protoni e della sismicità a scala mondiale, osserviamo una correlazione estremamente evidente, con picchi di sismicità che avvengono entro 24 ore dai picchi di densità protonica”.
Giuseppe De Natale dell’INGV ha aggiunto: “L’osservazione di tale fortissima correlazione tra densità protonica e terremoti terrestri è di per sé una scoperta importantissima che consente di capire per la prima volta qual è il principale fattore comune che influenza la sismicità su scala globale». Continua De Natale: «Abbiamo anche sviluppato un modello, per ora qualitativo, che ipotizza il meccanismo che lega le due variabili: le scariche generate dall’eccesso di carica elettrica nella ionosfera, che penetrerebbero nelle grandi faglie sismogenetiche, zone di alta conducibilità elettrica; una scarica elettrica nei cristalli di quarzo (che abbondano nelle rocce) che genera un impulso di dilatazione o contrazione, a seconda della polarità della corrente. Tale impulso di deformazione potrebbe destabilizzare faglie che sono già vicinissime al punto di rottura, e quindi produrre i terremoti”.
“Il nostro lavoro non mette certamente in dubbio che il fenomeno principale, che genera i terremoti, sia il movimento differenziale delle zolle terrestri,” – precisa Paolo Harabaglia, ricercatore dell’Università della Basilicata – “ma il contributo indotto dalle variazioni di carica dovute all’attività solare rappresenta una piccola quantità di sforzo che, destabilizzando faglie già vicine al punto critico, genera quella correlazione tra i terremoti a larga scala che finora non riuscivamo a spiegare“.
“Questa scoperta – conclude Claudia Troise, ricercatrice dell’INGV affiliata all’INO-CNR – oltre ad essere di fondamentale importanza per comprendere in dettaglio i processi di generazione dei terremoti, potrebbe, in un futuro prossimo spalancare le porte alla loro previsione, su basi estremamente più solide e molto diverse da come avremmo finora immaginato”.