L’Europa non potrà mai raggiungere un’autonomia energetica. E’ quindi necessario guardare alle aree confinanti al Vecchio Continente per trovare una soluzione realmente sostenibile, senza generare impatti devastanti a livello di crescita economica. In questa chiave diventa centrale il Mediterraneo, come area di raccordo con i Paesi produttori di gas, una materia prima che rimarrà centrale a lungo termine anche per il ruolo che può giocare nella distribuzione dell’idrogeno. Serve quindi un’azione politica e tecnologica che coinvolga il Medio Oriente e il Nordafrica.
Sono questi alcuni degli aspetti che vengono analizzati nella terza edizione del rapporto “MED & Italian Energy Report” presentato a Bruxelles e frutto della collaborazione tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l‘ESL@Energy Center del Politecnico di Torino dal titolo “La nuova partita dell’idrogeno nella regione Euro-Mediterranea“. Il rapporto prende corpo tenendo conto di quanto annunciato ai primi di dicembre: l’iniziativa Global Gateway della Commissione Europea per rafforzare la cooperazione internazionale e le connessioni tra l’Europa e il resto del mondo. Mobiliterà tra il 2021 ed il 2027 un volume di risorse pari a circa 300 miliardi di euro da destinare ad iniziative volte a sostenere la ripresa globale, tenendo conto degli interessi specifici dell’Unione Europea sullo scacchiere internazionale
Il tema – riporta un lancio dell ‘agenzia Italpress – è assai concreto, ed entra nelle tasche di tutti gli italiani, sotto forma di aumenti delle bollette. “Anche per governare meglio l’inflazione serve l’indipendenza energetica, e le rinnovabili ci aiutano”, ha spiegato Massimo de Andreis, direttore generale di SRM- Intesa Sanpaolo, rispondendo a Italpress. “Le rinnovabili sono una prospettiva nell’arco del decennio, mentre quando parliamo di inflazione parliamo dell’oggi e del domani. Le aspettative su un calo dei prezzi dell’energia nel prossimo anno e dell’inflazione, espresse anche da Christine Lagarde nelle ultime ore, speriamo si avverino“, prosegue de Andreis, sottolineando però che a pesare più dell’aumento delle rinnovabili, sono “le dinamiche geopolitiche, perché i prezzi possono salire e scendere anche perché qualcuno chiude o apre rubinetto. Quando sei molto dipendente dall’importazione dell’energia, l’Europa è al 58% e l’Italia al 77%, hai un effetto immediato sui prezzi, è una variabile sull’indipendenza”. Parole confermate anche da Ettore Bompard, del Politecnico di Torino, che sottolinea come ad oggi “sui prezzi, le rinnovabili giocano un ruolo e danno contributo ad abbassare i prezzi, ma è un contributo marginale“.
Realismo che parte da dati reali. L’Europa consuma oggi l’11% dell’energia mondiale e mostra un migliore rapporto tra consumo di energia e Pil grazie ai molti investimenti nell’efficienza energetica. Partendo da questa premessa l’Europa si muove in modo più rapido verso la sostenibilità. L’uso del carbone è diminuito dal 32% al 13% mentre l’utilizzo del gas naturale è cresciuto in maniera significativa dal 16% al 22%. Le energie rinnovabili sono passate dal 15% al 41% con l’obiettivo di arrivare al 61% del mix elettrico nel 2030, l’84% nel 2040 e l’88% nel 2050.
Per riuscirci diventa cruciale importare energia pulita. Stando al rapporto, la catena del valore dell’idrogeno può essere una prospettiva di business significativa per la regione del Mediterraneo, grazie all’elevato potenziale da rinnovabili, con impatti anche geopolitici. Sostenibilità ed equità infatti, possono derivare dall’adozione di schemi di cooperazione tra le sponde del Mediterraneo nello sfruttamento del potenziale rinnovabile e nella produzione di idrogeno verde, costruendo un nuovo dialogo energetico.
Dagli scenari a medio termine (fino al 2040) emerge che, se è prevista un’elevata penetrazione dell’idrogeno (25% degli usi finali di energia), un approccio cooperativo tra le tre sponde consentirà di soddisfare la stessa domanda di idrogeno con una capacità installata complessiva di 36 GW, inferiore a quella richiesta se si adotta un approccio orientato all’autosufficienza da parte di ciascuna sponda, grazie a un migliore sfruttamento delle risorse disponibili nell’intera regione. Le interconnessioni esistenti per il trasporto del gas naturale possono svolgere un ruolo chiave nel sostenere la penetrazione dell’idrogeno e la creazione di un mercato mediterraneo dell’idrogeno verde, soprattutto perseguendo la strada del trasporto di idrogeno in forma di miscela col gas naturale. Per quanto riguarda l’Italia, la massima importazione potenziale di idrogeno attraverso i gasdotti potrebbe essere di 33,7 TWh/a, circa il 2,5% del consumo energetico finale totale dell’Italia nel 2019.
Il potenziale per il nostro Paese – specifica il report – è però più ampio. Sfruttando la sua posizione geografica, la sua vasta rete infrastrutturale e un solido know how scientifico e progettuale, l’Italia potrà assumere un ruolo baricentrico tra il Sud e il Nord dell’Area Euro-Mediterranea, attraverso la realizzazione di un HUB di collegamento per il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno. I porti possono diventare veri e propri punti di rifermento delle “hydrogen valley”, una vision che sta diventando realtà a livello europeo a Rotterdam, Anversa o Amburgo. L’Italia ha anche avviato iniziative che guardano in questa direzione, ma serve un’accelerazione.
Non solo idrogeno però, in questo scambio energetico Mediterraneo, l’Europa ha solo da guadagnare. Marocco, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Algeria hanno e sfruttano un enorme patrimonio di fonti rinnovabili. In particolare, Marocco ed Egitto hanno una grande componente di eolico con rispettivamente il 62% ed il 71% del contributo eolico sul complesso dell’elettricità rinnovabile. Mentre Israele, Algeria e Emirati Arabi stanno dando impulso al solare con percentuali comprese tra l’87% ed il 100%. Le loro produzioni renderebbero sostenibili i nostri acquisti.